Adoro la lingua italiana, cerco di usarla al meglio e mi sforzerò di non utilizzare i termini stranieri in questo blog. Se lo facessi sottolineerei implicitamente la sudditanza psicologica della nostra lingua rispetto a quella inglese e contribuirei, nel mio piccolo, alla sua progressiva scomparsa. E con la sparizione della lingua italiana andrebbero via via affievolendosi la nostra storia e la cultura millenaria. Non voglio alimentare questa tendenza. Ma questa è una riflessione che merita di essere approfondita in un’altra circostanza. Tornando a noi, nel mio sito utilizzerò qualche termine inglese solo quando strettamente necessario. In questo articolo userò i lemmi leader e leadership in quanto difficilmente e inequivocabilmente declinabili in italiano. Converrete che tradurre leader nella nostra lingua potrebbe voler indicare capo, dirigente, condottiero, capofila, direttore, capitano, chi è in testa, etc. Così facendo rischierei di aggiungere al testo connotazioni positive o negative non volute. Ho deciso quindi di usare i termini inglesi perché in possesso di un’accezione neutrale.

Dopo questa doverosa digressione, oggi vi scriverò degli insegnamenti tratti dalla lettura del libro di Oren Harari, incentrato sulla leadership di Colin Powell[1]. Questo testo mi è stato donato pochi mesi fa da uno dei miei ultimi mentori. L’ho trovato sin da subito pratico, illuminante, concreto, ricco di spunti di riflessioni e rivolto a un pubblico ampio e diversificato, proprio come i lettori del mio blog.

Non si tratta di una biografia di Colin Powell, non è un libro edito e voluto dal protagonista e, come sottolineato dall’autore, non è neanche un compiacimento indirizzato a Powell. Il saggio si basa sulla sua vita e sulla saggezza evidenziata nel corso della sua carriera militare e politica. Non mi stancherò mai di evidenziare i numerosi risvolti pratici applicabili da chi ha l’onore di guidare donne e uomini, nel lavoro e nella vita.

Questa la definizione di leadership suggerita: “La leadership è l’arte di realizzare più di quanto le scienze gestionali dicono sia possibile!

Originale no? Che ve ne pare? Che ne dite?

Così ho riassunto le 18 lezioni di Powell sulla leadership:

  • SAPERE QUANDO È IL MOMENTO DI FAR INCAZZARE LE PERSONE

Essere leader significa che talvolta occorre far incavolare chi lavora per te. Ciò comporta che alcuni di loro dissentiranno dalle tue azioni e dalle decisioni prese. È inevitabile ma motivo di orgoglio e onore. Cercare di accontentare tutti è sintomo di mediocrità. Se non prenderai decisioni impopolari, se scanserai il confronto con chi la pensa diversamente da te e con chi dissente dalle tue decisioni, se eviterai di riconoscere le differenze di rendimento dei tuoi collaboratori, rischierai di perdere lo zoccolo duro della tua squadra. Paradossalmente, il procrastinare una scelta difficile, cercando di non scontentare nessuno e trattando tutti allo stesso modo, senza tener conto del loro rendimento, finirai solo per demotivare le persone più creative e produttive che hai all’interno della tua organizzazione. Quindi, tieni a mente che se nessuno si incavola con te, molto probabilmente non starai spingendo abbastanza. Questa è l’insegnamento implicito che ho tratto da questa prima lezione.

  • PROMUOVERE LO SCONTRO DELLE IDEE

Il giorno in cui i tuoi collaboratori smetteranno di rappresentarti i loro problemi sarà il giorno in cui avrai smesso di guidarli. Avranno perso la loro fiducia in te o semplicemente constatato che non ti prendi cura di loro. Entrambi i casi sono il fallimento della leadership. Pensa di porre queste domande ai tuoi collaboratori in modalità anonima. Attento però, potresti scoprire di aver fallito.

Quando vi trovate in una situazione simile significa che:

UNO: i leader erigono barriere alla comunicazione verso il basso tanto che, l’idea di rappresentare un problema, viene percepito addirittura come ridicolo dai rispettivi collaboratori;

DUE: c’è una debole cultura aziendale che pervade l’organizzazione e suggerisce di non chiedere aiuto ai propri capi perché si è certi non si sarà ascoltati.

I veri leader fanno esattamente l’opposto: si rendono accessibili e disponibili anche e soprattutto verso il basso. Si dimostrano molto propensi a creare un ambiente nel quale i problemi vengono evidenziati senza troppe difficoltà e dove la discussione ruota intorno alla risoluzione dei problemi piuttosto che alla ricerca dei colpevoli. Incoraggiate la divergenza di vedute e ricercate in ogni modo lo scontro delle idee. Le nuove tecnologie facilitano enormemente il verificarsi di questi scambi. In questo momento di incertezza, i leader devono coinvolgere attivamente tutte le menti disponibili all’interno della loro organizzazione. Non perdete l’occasione di perseguire quelli che cercano di erigere barriere laddove andrebbero creati ponti.

  • LA TRAPPOLA DELL’EGO

Non essere spaventato dagli esperti, dai super tecnici e da coloro che sono da molto tempo all’interno dell’organizzazione. Nelle piccole imprese e in quelle appena avviate non c’è il tempo di avvalersi di esperti e non si hanno abbastanza risorse per permettersi cerchie ristrette di privilegiati o intoccabili. Il presidente o il leader rispondono al telefono, guidano l’auto se necessario. In sostanza tutti contribuiscono alla produzione intesa in senso stretto e non si vive di rendite all’interno dell’organizzazione. Ma più l’impresa diventa grande e più emerge la tendenza ad allontanarsi dalle periferie, dalle prime linee inseguendo obiettivi personali più che organizzativi. Le politiche aziendali vengono emanate dai palazzi del potere molto lontani fisicamente e culturalmente da chi è in prima linea e sul campo. I veri leader sono attenti e vigilano affinché queste tendenze e comportamenti non si insinuino all’interno della propria organizzazione.

Non rimanete ancorati al passato. Anche se il ‘tempo sembra essere bello in azienda’ cercate i problemi e le criticità che si intravedono all’orizzonte. Adattatevi velocemente al cambiamento e, dopo averlo abbracciato, tenetevi pronti a rispondergli con azioni innovative. Cambiare significa crescere. Ma nello stesso tempo tenete bene a mente che l’uomo non è naturalmente portato al cambiamento. I leader devono costantemente ricercarlo e ispirarlo. Qui mi torna in mente “Il Principe” di Niccolò Machiavelli quando, disquisendo di virtù e fortuna, evidenzia che virtuosi sono coloro che costruiscono argini e canali nei periodi di calma per limitare i danni in caso di un nuovo straripamento del fiume. I leader lungimiranti adottano decisioni che siano d’intralcio ai piani della fortuna.

  • NON AVER PAURA DI SFIDARE I PROFESSIONISTI

Impara dai professionisti che ci sono in azienda, osservali, cerca di avvalertene sia come mentori sia in qualità di collaboratori. Ma non dimenticare che oltre ai benefici che ne trarrai in termini di apprendimento e competenze acquisite, potrebbe capitare che questi diventino compiacenti e pigri, nell’accezione più negativa del termine. La leadership non emerge dando cieca obbedienza a qualcuno. Alcuni leader delle maggiori aziende innovative non si circondano mai di collaboratori che la pensano come loro. Se così fosse uno dei due sarebbe ridondante in azienda! I grandi leader incoraggiano l’evoluzione e la crescita di tutti allontanando le donne e gli uomini che dicono sì per partito preso, per il semplice fatto di voler compiacere i propri superiori.

Hai maggiori possibilità di raggiungere ottimi risultati calcolando e gestendo in maniera oculata i rischi. Queste possibilità si ridurranno se ti illudi di poter prendere decisioni a rischio zero. Non investire in organizzazioni che puniscono quelli che si assumono rischi. “Niente fegato, niente gloria” … recita un vecchio detto!

  • VIGILANZA NEI DETTAGLI

Non trascurarli. Quando nelle menti dei collaboratori si sente aria di distrazione o di poca chiarezza, il leader deve raddoppiare la propria attenzione nei dettagli. Anche le migliori idee o le visioni più illuminate sono prive di valore se non potranno essere implementate rapidamente e con efficacia. I grandi leader delegano e fanno crescere chi gli sta intorno ma prestano attenzione giornaliera ai dettagli. La politica delle porte aperte non conduce ad alcun risultato se non associato alla ricerca continua di ciò che c’è dietro l’apparenza, sotto la superficie. I peggiori leader sono i presunti visionari, quelli che si considerano al di sopra dei particolari. Paradossalmente invece, i buoni leader capiscono qualcosa in più: pur non trascurando i dettagli, prendono le distanze da un’ossessiva voglia di portare avanti le tipiche attività giornaliere con le medesime procedure. Così facendo finirebbero per offuscare le menti di tutti. Questo è il motivo per cui, pur facendo attenzione ai particolari e richiedendo il rispetto delle procedure, incoraggiano continuamente tutti a sfidare e a mettere in discussione i processi consolidati. È all’interno di essi che si annidano i rischi e le potenziali inefficienze organizzative. In maniera provocatoria diversi leader illuminati asseriscono che il lavoro di un leader è quello di essere non a capo dell’organizzazione ma della dis-organizzazione! Non smettere mai di dubitare ciò che ti viene riferito, sfida gli ordini precostituiti e dotati di un sano spirito critico.

  • NON SAI CON COSA PUOI FARLA FRANCA FINCHÉ NON CI PROVI

Conoscerete il detto: “È più facile ottenere il perdono che chiedere il permesso?” Bene è vero. I buoni leader non aspettano la benedizione ufficiale per fare qualcosa, per agire. Al tempo stesso però non sono degli spericolati. Questo interrogativo pervade la cultura di molte organizzazioni. Se tu chiedi permessi, inevitabilmente questa domanda sarà diretta a qualcuno che crede di poter dire no. La morale è: non chiedere. I leader più efficaci fanno di questa affermazione il loro cavallo di battaglia: “Se non mi è stato esplicitamente detto no, posso farlo”. I finti leader invece sono soliti affermare: “Se non mi viene esplicitamente detto sì, io non posso farlo”. C’è un abisso tra questi due punti di vista. Il potere di queste due affermazioni è dirompente. Ricordiamocene!

  • CONTINUA A GUARDARE SOTTO LE APPARENZE

Non esitare a farlo solo perché quello che potresti trovare rischia di essere spiacevole. “Se non è rotto, non aggiustarlo” è il mantra dei compiacenti, degli arroganti o dei timorosi. È una scusa per non agire, per non chiamare alle armi tutti coloro che potrebbero invece risolvere il problema. Questo modo di pensare presuppone che le realtà odierne continueranno ad essere replicate così come sono oggi anche nel domani in maniera ordinata, lineare e prevedibile. Gli esperti di complessità inorridirebbero nel sentire una tale affermazione. In questa sorta di cultura aziendale appena descritta non troverai mai persone che in maniera proattiva agiranno d’iniziativa per affrontare e risolvere un problema emergente. Se questa è la cultura organizzativa non investire in queste organizzazioni.

  • LE ORGANIZZAZIONI NON POSSONO ASSOLVERE QUALSIASI COMPITO

I piani, allo stesso modo, non prevedono tutto. Alle teorie delle organizzazioni non importano tutti i processi aziendali. Parimenti i risultati arrivano grazie alle persone coinvolte attivamente nell’impresa. Solo attraendo i migliori talenti potrai conseguire fantastici risultati.

In un’economia ‘basata sulle teste’, le tue migliori risorse sono sempre quelle umane. Questa espressione è sovente usata in tantissime occasioni. Ma quanti leader hanno realmente inteso il suo significato profondo? Troppo spesso le persone vengono assunte per riempire posti vacanti in una scacchiera creata dalle organizzazioni. Questo potrebbe spiegare perché così tanti imprenditori dedicano il loro tempo nel ristrutturare l’organizzazione secondo l’ultima moda della gestione delle imprese. Chiediamoci quanti di loro si occupano di ideare e creare le condizioni affinché un ambiente lavorativo attragga a sé i migliori, i più brillanti, i più creativi attivamente coinvolti nel creare valore all’organizzazione di appartenenza.

  • ORGANIGRAMMI E TITOLI DI FANTASIA NON CONTANO QUASI NULLA

Gli organigrammi sono ghiacciati, sono foto anacronistiche in uno spazio di lavoro che invece dovrebbe essere mutevole e dinamico, al pari dell’ambiente esterno all’organizzazione. Se realmente i lavoratori seguissero alla lettera le mansioni contemplate negli organigrammi, le aziende fallirebbero. Nelle buone organizzazioni i mansionari sono privi di senso. Al massimo, sono utili solo a conferire qualche autorità a chi è chiamato a dare disposizioni. Sui mansionari infine, può trovare fondamento il dovere dell’obbedienza. Ma gli incarichi significano poco in termini di potere reale, che invece si concretizza nella capacità di influenzare e ispirare le decisioni altrui. Avete mai sentito parlare di lavoratori che volontariamente decidono di sacrificarsi e darsi a certe persone solo sulla base di una carta o di un organigramma? Il possedere l’autorità senza autorevolezza, l’essere privi di una reale capacità di guida e dell’esperienza necessaria, consente realmente di indirizzare processi e guidare i parigrado? La realtà è che i non leader possono tentare di sfruttare i vantaggi e i fronzoli derivanti dalla posizione occupata, ma finiranno per avere poca influenza sugli altri. Al massimo riusciranno a conformarsi ai requisiti minimi richiesti.

  • NON LASCIARE MAI CHE IL TUO EGO SIA COSÌ LEGATO ALLA TUA POSIZIONE CHE QUANDO LA LASCI, L’EGO VA VIA CON ESSA!

Troppo spesso il cambiamento è soffocato da persone che si tengono aggrappati alla propria zona di comfort e alle mansioni contenute negli organigrammi aziendali. Questa è una delle ragioni per cui nelle grandi organizzazioni tanti leader non vogliono ripensare le procedure consolidate. Si sentono molto familiari con esse e provano agio nel muoversi all’interno di questo modo di fare le cose. Ma i veri leader comprendono che ogni giorno ci sono lavori e mansioni diventati obsoleti. La vera risposta sta nel ripensare le proprie attività prima che lo faccia qualcun altro. I leader efficaci creano un clima dove il valore delle persone è determinato dalla loro volontà di apprendere nuove competenze e assumere nuove responsabilità, reinventando continuamente le proprie mansioni. La domanda più importante nella valutazione delle prestazioni diventa: «Quanti buoni risultati hai raggiunto dall’ultima volta che ci siamo incontrati? Quant’è l’ultima volta che hai rivisitato il tuo modo di lavorare?»

  • NON ADATTARTI AGLI STEREOTIPI E NON INSEGUIRE LE MODE GESTIONALI DEL MOMENTO

La situazione guida l’approccio migliore per assolvere la missione della squadra. Seguire una moda dietro l’altra crea confusione nel gruppo, riduce la credibilità del leader e prosciuga le casse dell’organizzazione. Adottare ciecamente una moda genera rigidità nel pensiero e nell’azione. A volte una direttiva impenitente è più appropriata di una discussione partecipativa. Per citare Powell, “alcune situazioni richiedono di impiegare cappi stretti intorno al collo dei leader, altre volte sono necessari guinzagli lunghi e sciolti”. I veri leader onorano i loro valori fondamentali, ma sono flessibili nell’esecuzione dei loro compiti. Loro sono a conoscenza che le tecniche di gestione non sono magici mantra ma strumenti di cui servirsi al momento giusto.

  • L’OTTIMISMO PERPETUO È UN MOLTIPLICATORE DI FORZA

L’effetto a catena che deriva dall’entusiasmo e dall’ottimismo di un leader è impressionante. Al pari lo sono anche il cinismo e il pessimismo. I leader che si lamentano e incolpano sempre gli altri, generano e alimentano gli stessi comportamenti nel proprio ambito lavorativo. Non sto parlando di chi accetta incondizionatamente la stupidità e il comportamento degli incompetenti con il sorriso. Io sto parlando di un atteggiamento del tipo: «possiamo cambiare questo qua, possiamo raggiungere questi splendidi obiettivi, possiamo essere i migliori». Circondati di chi evita la cupa litania del realista e ricerca l’irrealistica aspirazione di essere ottimisti ogni giorno, contaminando l’ambiente che li circonda.

  • COME SCEGLIERSI I COLLABORATORI?

Ricercate l’intelligenza e la capacità di giudizio, il saper anticipare e scorgere dietro gli angoli. Scovate chi è leale, integro, in possesso di un ego equilibrato e di tanta spinta energica nel fare le cose.

Quanto spesso i processi di selezione cercano queste competenze? Sovente si muovono in direzione opposta tralasciando queste caratteristiche in favore della lunghezza dei curriculum vitae e dei titoli accademici conseguiti. Una lunga lista di mansioni svolte in passato sembrano essere più importanti di quello che si è in grado di fare oggi. Bisogna essere interessati al come il candidato potrebbe contribuire al domani e in che modo le sue capacità possono avvicinarsi a quelle necessarie all’organizzazione. Puoi addestrare prontamente un novizio brillante e disponibile sui fondamenti della tua attività, ma è molto più difficile guidare qualcuno ad avere integrità, giudizio, energia, equilibrio. I buoni leader sanno come orientare a loro favore la fase di reclutamento.

  • I MIGLIORI LEADER SONO SEMPRE DEI GRANDI SEMPLIFICATORI

Sono in grado di intervenire nel mezzo di discussioni e dibattiti, sanno dirimere dubbi, offrendo sempre soluzioni semplici che tutti possono capire!

I migliori leader fanno loro il principio del ‘KISS’. Tradotto dall’inglese indica semplicemente: «Mantienilo semplice, stupido». Questo modo di procedere, si basa su principi molto ampi adottati dai grandi leader sia per guidare comportamenti sia per orientare scelte quotidiane tra alternative concorrenti. Le loro visioni e principi sono snelli e convincenti, non ingombranti e prive di parole alla moda. Le loro decisioni sono cristalline e chiare, non provvisorie e ambigue. Trasmettono una fermezza e una coerenza incrollabile nelle loro azioni, allineate con il quadro del futuro che dipingono. Il risultato? Chiarezza di intenti, credibilità della leadership e integrità nell’organizzazione.

  • NON ASPETTARE DI AVERE IL 100% DELLE INFORMAZIONI DISPONIBILI PER AGIRE, ARRIVERESTI TARDI!

Il consiglio di Powell è di non agire se hai meno del 40% delle informazioni che vorresti avere. Allo stesso tempo però evidenzia che non si deve aspettare di averle tutte perché, a quel punto, sarà sicuramente troppo tardi. Considero geniale questa regola del decidere quando disponi di una buona dose delle informazioni necessarie (40-70%). Ritardi eccessivi nel nome della raccolta completa delle informazioni generano “paralisi da analisi”. A sua volta, la procrastinazione in nome della riduzione del rischio aumenta effettivamente il rischio stesso.

  • I COMANDANTI SUL TERRENO E I LEADER IN PRIMA LINEA HANNO SEMPRE RAGIONE. CHI SI TROVA NELLE RETROVIE HA TORTO, ANCORCHÉ VIENE PROVATO IL CONTRARIO.

Troppo spesso invece, ‘il contrario’ definisce la cultura aziendale. Questo è uno dei motivi principali per cui leader come Richard Branson di Virgin mantengono il numero dei non operanti in periferia al minimo indispensabile. “Affidate il potere e la responsabilità finanziaria alle persone che sanno portare dentro l’azienda i fagioli, e non a quelli che li contano o li analizzano”. Disegnate le vostre organizzazioni pensando a chi lavora in periferia, a quelli che sono a contatto con il lavoro vero e con i clienti. Coloro che sono al centro dell’organizzazione devono servire quelli che sono in periferia e non solo viceversa.

  • DIVERTITI QUANDO GUIDI GLI ALTRI

Non correre sempre a ritmo vertiginoso. Prenditi qualche giorno di ferie quando te lo sei meritato. Passa del tempo con la tua famiglia, con i tuoi affetti. Corollario: circondati di persone che prendono il lavoro seriamente, quelli che lavorano tanto e che sanno anche giocare pesantemente!

Cercate persone che sanno bilanciare le loro vite, con cui è divertente uscire, a cui piace ridere (anche di sé stessi), che coltivano interessi al di fuori dell’ambito lavorativo e ai quali si avvicinano con la stessa passione con cui lavorano. Evitate il tetro maniaco del lavoro o il pomposo pretenzioso professionista. Se proprio dovete occuparvi di loro, aiutateli a farsi assumere dalla concorrenza! Saranno sicuramente più utili lì per la vostra causa!

  • IL CAPO È SOLO

Harry Truman aveva ragione. Che tu sia un amministratore delegato o il capo temporaneo di un gruppo di progetto, devi decidere personalmente. La decisione non è delegabile. Puoi incoraggiare la partecipazione e il coinvolgimento dal basso di tutti i tuoi lavoratori, ma alla fine, l’essenza della leadership è la capacità di fare scelte difficili e inequivocabili, consci che queste avranno un impatto sul destino dell’organizzazione. Ho incontrato molti non leader rifuggire da questa responsabilità. Pur creando un ambiente aperto, informale, collaborativo, preparati ad essere solo nel momento delle decisioni che contano.

Beh, eccoci giunti al termine di questa entusiasmante maratona sulla leadership. Avevo pensato di dividere l’articolo in due parti perché forse troppo lungo. Alla fine ho desistito sia perché non volevo che il lettore interrompesse il filo narrativo individuato sia perché volevo liberare tutta l’energia creativa che mi ha spinto a scrivere il pezzo tutto d’un fiato.

Mi auguro queste idee sappiano e riescano ad ispirarti almeno quanto hanno fatto con me!

 

Q u a l i   t r a   q u e s t i   1 8   p r i n c i p i   r i t i e n i   s i a   i l   p i ù   u t i l e   n e l   t u o   l a v o r o   e   n e l l a   v i t a ?

H a i   m a i   a p p l i c a t o   u n o   d i   q u e s t i   p r i n c i p i   n e l l a   t u a   v i t a ?   S e   s ì,   q u a l e?

 

Commentate e fate sentire la vostra voce … non c’è migliore intelligenza di quella che si ottiene ragionando insieme e confrontandosi apertamente!

 

[1] Oren Harari, The leadership secrets of Colin Powell, McGraw-Hill, New York, 2002.