Ben trovati cari Lettori!

A distanza di 4 settimane torno a pubblicare nella categoria “Allenarsi alla leadership”.

Mi imbattei per la prima volta in Sir. Ernst Henry Shackleton circa 13 anni fa circa. Un mio caro collaboratore di nome Antonio mi fece leggere un aforisma:

L’ottimismo è il vero coraggio morale!

Lì per lì non diedi molto importanza alla cosa perché non sapevo (ammetto la mia ignoranza) chi fosse questo signore. Dopo qualche tempo, andai a cercare di lui sulla rete e capii quanto pregna di significato fosse questa massima. Man mano che procedevo con la lettura delle avventure di Shackleton, l’aforisma andava arricchendosi di ulteriori profondi significati.

Qualche anno fa decisi di approfondire il tema consultando diversi autorevoli siti internet che si occupavano sull’argomento. Vi parlerò quindi dell’esploratore Shackleton e di quanto queste vicende hanno saputo insegnarmi sulla leadership.

 

CHI ERA?

Shackleton era un esploratore anglo-irlandese, meglio conosciuto per aver guidato la spedizione “Endurance” nell’Antartide, negli anni 1914-1916.

Nato in Irlanda il 15 febbraio 1874, sì traferì a Londra dove ricevette l’educazione scolastica. Rifiutò categoricamente l’idea del padre che lo vedeva dottore e decise di lavorare presso la marina mercantile quando aveva 16 anni. Si qualificò marinaio esperto nel 1898. Viaggiò molto ma il suo più grande desiderio era esplorare i poli.

 

PRIMA MISSIONE “DISCOVERY”

Nel 1901, Shackleton fu scelto per prendere parte alla spedizione in Antartide, guidata da un ufficiale della Marina inglese, Falcon Scott, a bordo della nave “Discovery”. Si avvicinò al Polo Sud più di quanti ci avevano sino ad allora provato, superando condizioni climatiche estreme. Ammalatosi seriamente, dovette tornare indietro portandosi un immenso bagaglio di conoscenze su quell’ambiente così difficile e proibitivo.

Nel 1904, dopo il suo ritorno in Gran Bretagna, sposò Emily Dorman dalla quale ebbe tre figli: Raymond, Cecily and Edward. In questo periodo fu giornalista per qualche tempo e fu eletto segretario della Reale Società Geografica Scozzese.

 

SECONDA SPEDIZIONE “NIMROD”

Nel 1908 tornò in Antartide come capo della sua spedizione sulla nave “Nimrod”. Durante l’esplorazione il suo gruppo di lavoro scalò il Monte Erebus, fece molte importanti scoperte scientifiche e stabilì un nuovo record per essersi avvicinato, ancora più della volta precedente, al Polo Sud. Fu nominato Cavaliere al suo ritorno in Gran Bretagna.

Nel 1911, l’esploratore norvegese Roald Amundsen raggiunse il polo sud.

 

 

TERZA SPEDIZIONE “ENDURANCE”

Non contento dei risultati raggiunti con le prime due spedizioni decise di ritentare, per la terza volta, l’esplorazione del Polo Sud con un nuovo equipaggio. Nel 1915, con questo breve annuncio pubblicitario pubblicato sul Times, diede il via al reclutamento. Recitava testualmente:

«Cerchiamo uomini per un viaggio molto rischioso.

Paga bassa, tanto freddo.

Molti giorni di completa oscurità.

Fame e sete costanti. Molti dubbi sul fatto di tornare sani e salvi.

Onore e gloria in caso di successo.[1]»

 

 

Si trattò, a mio avviso, dell’inserzione più efficace nella storia delle risorse umane[2]. Realizzata da Shackleton a premessa della sua terza spedizione in Antartide, mette alla prova la reale motivazione degli aspiranti esploratori facendo loro accarezzare la visione che li guiderà in questa avventura. È evidente che un annuncio di questo tipo arriva direttamente al cuore della gente, entra in sintonia con i lettori, mette alla prova le loro reali motivazioni. Si evitano mugugni e malumori futuri proprio perché si è estremamente chiari in quello che si sta cercando e che si vuole ottenere. Non viene lasciato spazio agli alibi. Chi decide di salire a bordo sa già quello che lo aspetta e a cosa andrà incontro. Trovo il linguaggio utilizzato diretto, semplice, efficace, privo di fronzoli e giri di parole.

Oggigiorno, almeno in Italia, è difficile imbattersi in messaggi così chiari e diretti. Di solito si preferiscono affermazioni molto meno nette, come a non voler scontentare nessuno. Sovente si scelgono termini volutamente ambigui proprio per riservarsi la possibilità, in un momento successivo, di reinterpretare l’affermazione fatta a proprio vantaggio. Un leader deve saper comunicare la visione e la missione alla propria squadra in maniera chiara ed inequivocabile, al pari di quanto fatto da Shackleton con questo annuncio.

Tornando alla spedizione, il 9 agosto 1914, Shackleton partì per la sua terza missione in Antartide con la nave “Endurance”, considerata come l’ultimo atto dell’epoca delle spedizioni eroiche in Antartide. Pianificò di attraversarlo dal mare di Weddell (Oceano Atlantico) al mare di Ross (Oceano Pacifico) passando attraverso il Polo Sud. Questa spedizione è rimasta famosa per le difficoltà estreme che l’equipaggio ha dovuto affrontare e superare. Il 19 gennaio del 1915, “Endurance” rimase intrappolato nel ghiaccio. I tentativi per liberarla falliscono. Gli uomini dell’equipaggio affrontano a terra l’inverno con una temperatura di -25° centigradi. I cani, tre scialuppe di salvataggio e le provviste vengono scaricati dalla nave. Dopo mesi di marcia sul ghiaccio, Shackleton e il suo equipaggio calano in acqua le scialuppe e, dopo cinque giorni di navigazione, raggiungono l’isola Elephant. Molto rocciosa e ghiacciata, era priva di riparo e fuori dalle rotte battute. Se fossero rimasti fermi sarebbe stata morte certa. Shackleton prese cinque persone dell’equipaggio andando a cercare aiuto. Con una piccola scialuppa denominata James Caird, i sei uomini hanno navigato 1300 km circa di oceano in 16 giorni per raggiungere la Georgia del Sud. Hanno attraversando quest’isola con 36 ore di marcia forzata sul ghiaccio riuscendo a raggiungere una stazione baleniera. Qui trovano riparo e rifornimenti riuscendo a contattare il resto del mondo. I 22 restanti uomini dell’”Endurance” lasciati sull’isola di Elephant vengono messi in salvo dopo tre mesi, il 30 agosto 1916. Non morì nessun membro della spedizione. “South”, il nome del resoconto della spedizione “Endurance”, fu pubblicato nel 1919.

 

 

 

 

Shackleton ebbe modo di servire nell’esercito inglese durante la Prima Guerra Mondiale.

 

Shackleton stava lavorando già alla sua quarta spedizione con la quale mirava a circumnavigare il continente antartico quando, il 5 gennaio 1922, morì di infarto al largo della Georgia del Sud. È stato sepolto lì su quell’isola.

 

 

 

 

INSEGNAMENTI:

Ecco i principali insegnamenti di questa storia d’altri tempi:

  • Il leader è un esploratore nato. È curioso, ama le sfide e si adopera con tutte le sue energie per portarle sempre a termine.
  • Il leader ha una visione, un sogno da realizzare nella propria vita e lo insegue costi quel che costi.
  • Il leader non teme il fallimento. Anzi, proprio a seguito delle cadute, nascono maggiori consapevolezze sui propri limiti e delle difficoltà da superare. Nonostante fallì in due occasioni di raggiungere il Polo Sud, Shackleton ma non ha smesso di inseguire i propri sogni. Oggi sento di leader che vorrebbero guidare gruppi di lavoro a rischio zero. Oltre a non essere possibile adottare decisioni a rischio zero, questa storia ci insegna che solo rischiando si possono ottenere grandi risultati che passeranno alla storia.
  • Un leader non si sente mai arrivato. Nonostante Shackleton stabilì due record successivi per essersi avvicinato sempre più al Polo Sud, continuò a inseguire i suoi sogni, le sue visioni. Questo è un altro grande insegnamento. Mai accontentarsi e mai fermarsi.
  • Il leader osa, tentando soluzioni mai provate da nessun altro. Se così non fosse non avremmo progresso e scoperte nel mondo. L’America, ad esempio, non sarebbe stata scoperta se nessuno avesse cercato la realizzazione di un’impresa mai tentata sino a quel momento.
  • Un leader segue le proprie passioni non lasciandosi condizionare da nessuno, siano essi genitori o amici. Ha un sogno da inseguire e vive per la sua realizzazione. Non decide di diventare medico perché è il padre a volerlo!
  • Il leader fa parte integrante della squadra, ne condivide le gioie, i pericoli, le difficoltà e da l’esempio. Vive per il suo equipaggio e all’interno della sua squadra.
  • Un leader, che si è guadagnato la fiducia della propria squadra, non dovrà mai guardarsi le spalle. Basti pensare che, durante la terza spedizione, parte del suo equipaggio attese il suo ritorno 3 mesi vivendo in condizioni difficilissime. Sapevano che il loro leader sarebbe tornato a salvarli.
  • Un leader è ottimista. Basti ripensare all’aforisma, attribuito a Shackleton, che ho descritto all’inizio dell’articolo: “L’ottimismo è il vero coraggio morale!“. Sono certo che questa massima avrà assunto un significato più profondo, ora che avete realizzato le difficoltà vissute dal suo equipaggio durante le esplorazioni in Antartide. Rimanendo in tema, cito testualmente un passaggio del saggio di Goleman, Boyatzis e McKee (2002) proprio sull’importanza dell’ottimismo nelle organizzazioni:

“Nessuno ama lavorare per qualcuno che è sempre di malumore. Le ricerche in proposito lo dimostrano: i leader ottimisti, pieni di entusiasmo, trattengono più facilmente il loro personale rispetto a quei capi che tendono ad avere atteggiamenti negativi. Numerosi studi provano che quando il capo è di buonumore, chi lo circonda vede ogni cosa sotto una luce più positiva. Questo fatto, a sua volta, rende le persone più ottimiste in merito alla possibilità di conseguire i propri obiettivi, ne esalta la creatività e l’efficienza decisionale, e le predispone a mostrarsi collaborative.[3]

Shackleton ha dimostrato che un uomo, con il suo equipaggio, può essere più grande dell’Antartide! I limiti esistono solo nella nostra mente!

In merito ai limiti che ci pone la nostra mente, consiglio la visione di questo video di 5 minuti, è molto eloquente e ne vale davvero la pena!

 

“Il futuro ha molti nomi. Per il debole è irraggiungibilePer il timido è irriconoscibile. Per il coraggioso è un’opportunità.” Victor Hugo

 

Avete da suggerire qualche altro insegnamento che non ho considerato nell’analisi? Inseriteli nei commenti e discutiamone insieme.

 

 

[1] Phil DOURADO, Leader in un attimo. 30 lezioni da 60 secondi per diventare grandi manager, RCS, Milano, 2008, pp. 150-151.

[2] Leo Ferrante, Leader si diventa. 11 metodi per guidare gli altri nel lavoro e nella vita, Kindle Direct Publishing, Roma, 2018, pag. 217.

[3] Daniel Goleman, Richard Boyatzis, Annie McKee, Primal Leadership: Realizing the Power of Emotional Intelligence, Harward Business School Press, Boston, MA, 2002. (ultima visita in data 20 gennaio 2021).

 

Questi i tre siti internet consultati nella stesura di questo articolo: